Sulla polemica Casini – Berlusconi

Sulla polemica Casini – Berlusconi

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera ricevuta da Roberto Corsi di Firenze.

Caro presidente (dei deputati), mi rivolgo a lei con una lettera aperta, perché quelle chiuse non hanno mai riscontro, né giungono in porto tentativi di composizione in camera caritatis. La capisco. Avete da ricucire l’Italia (il suo ex gemello Marco Follini fonda un mensile chiamato “L’ago e il filo”) dilaniata dal nefasto bipolarismo, figuriamoci se potete rammendare gli strappi di uno che, in un eccesso di buonismo, i suoi zelanti discepoli fiorentini le avranno descritto come una simpatica macchietta. Mi presento: Sono colui che avete fatto uscire dalla sala, per la sua qualifica di giornalista, nel giorno del lancio (con paracadute, visto il suo status di deputato) del candidato presidente Francesco Bosi. Presumendo che lei non ritenga incompatibile la categoria scribacchina con la permanenza nell’Udc, avendo portato in Parlamento un giornalista come Roberto Rao, sono costretto a parlarne pubblicamente perché la vicenda ha avuto ripercussioni anche sulla mia attività di pubblicista. Quella non era una riunione segreta, ma un fervorino per oves et boves o, se preferisce, per cani e porci. Di quelle come dicono al circo: più gente entra, più bestie si vedono. A nulla è valsa la mia protesta adducendo il fatto che io sono iscritto all’Udc. Ho in tasca la mia tessera datata 2006, l’unica emessa in otto anni di storia gloriosa. Da allora non sono stati conclusi tesseramenti, né ho mai ricevuto lettere di espulsione né di deferimento ai probiviri né di risposta quando ho chiesto per iscritto o verbalmente – l’ultima volta due mesi fa a Rocco Buttiglione – quale fosse il mio status. Non è stato dunque possibile chiarire i miei rapporti con l’Udc, come mi aveva richiesto, al momento dell’inizio della collaborazione, Paolo Ermini, direttore del Corriere Fiorentino, dorso locale del Corriere della Sera, cui collaboro dal primo numero. Per inciso: non certo per i buoni uffici dell’Udc locale o nazionale. Non soddisfatto dell’allontanamento dalla sala, la seconda punta del suo squadrone fiorentino, il capogruppo uscente in Regione Marco Carraresi, al pomeriggio ha telefonato al direttore non per declamare, presumo, le virtù del collaboratore. In altri termini, date troppa importanza ad un benemerito esponente dei lillipuziani, comunemente raffigurato come un grillo, attribuendogli meriti che non ha: un tonfo elettorale al 2,2%. Chi sono io per competere con loro, che da anni fanno propaganda anti-Udc, non a parole ma a fatti? Andata a vuoto la mia proposta di un franco chiarimento fra il sottoscritto, il direttore e i maggiorenti fiorentini dell’Udc, rendo qui pubblica la mia decisione di cessare la collaborazione con il Corriere Fiorentino, nel giorno del suo secondo compleanno, anche per spiegare ai miei 25 lettori il motivo della scomparsa della mia rubrica “il grillo canterino”. Al fine di non alimentare pericolose illusioni di riconquista di peso politico dell’Udc sulla stampa, (la mosca, posatosi su un bue che tirava un aratro, disse: ariamo) ribadisco che la decisione è soltanto mia. Ringrazio vivamente il direttore che ha cercato in ogni modo di dissuadermi dal mio proposito, ma io sono un uomo libero che per la libertà sceglie di pagare prezzi. Non so se anche lei vorrà accodarsi al coro degli ipocriti: rimani. Non insista. Non insistete. E’ meglio per voi. Non avrete più fra i piedi uno che chiede invano: perché in 8 anni non sia stato fatto un congresso in Toscana, per il quale sarebbe ancora delegato; perché alla pressante richiesta di preferenze per le elezioni non ne faccia seguito una per la selezione della classe dirigente interna partito; perché egli debba alimentare una crescente malinconia per le sofisticate procedure democratiche del Burundi; perché mai si debba usare la parola straniera ideali quando nella nostra lingua abbiamo l’eccellente termine bugie. E’ meglio anche per me. Finalmente una boccata d’aria pura, senza dover seguire le sue circumnavigazioni ombelicali, lo sgomitare scomposto dei suoi colonnelli, le nostalgie crepuscolari di alcuni e le ciniche velleità di altri: una miscela insapore, priva del pathos per me necessario. Alla larga. Aria. Strappo dunque qui, simbolicamente, quella tessera. Ma forse lei l’ha strappata prima di me, perché su quella tessera non c’è scritto CASINI come nel simbolo dei manifesti elettorali. Insomma, ci ha messo del suo: è una patacca. In questa giungla di simboli e di sigle, mi lasci lanciare un urlo alla maniera di Tarzan, di rabbia, di sdegno, di indignazione: con questa Udc non voglio aver niente a che fare. Per poi dirle, evangelicamente: non pianga su di me, ma sui suoi figli (di secondo letto, il primo era quello del CCD): quelli che le svolazzano intorno per un posto finchè non si accorgono che non arriverà. Io passo a miglior vita. Mi dedico ai miei libri, quelli che i suoi valenti adepti, alla maniera dell’asin bigio del Carducci, non hanno ritenuto degni d’un guardo, e quelli già pronti per una nuova avventura. Passo ai lavori socialmente utili e alle opere di misericordia spirituali: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Rimarginerò la ferita (perché io ci avevo creduto davvero) con la mia medicina: Estratto da “http://it.wikipedia.org/wiki/Opera_di_misericordia” l’ironia e l’autoironia. La sua assunzione, anche in modica quantità, le sarebbe forse più utile di tronfi proclami, troppo seriosi per essere seri. Perché anche lei è iscritto al partito da me fondato: quello dei Poveri Diavoli.

Roberto Corsi

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