Sul cinquantenario della riforma del diritto di famiglia aspettative deluse. Il passato non conta perché manca il senso della storia.
Ci saremmo aspettati di più che non le poche, stringate parole del Presidente di turno dell’Assemblea di Montecitorio in occasione del cinquantesimo anniversario della riforma del diritto di famiglia. Questo è il trattamento riservato alla scolaresca di turno in visita da Battipaglia o da Gallarate. Parole che hanno provocato in molti di noi sconcerto e delusione.
Una grande riforma che forse non ha meritato la dovuta attenzione della rappresentanza parlamentare di oggi.
Perché il presente prevale sul passato. Ma senza passato non c’è presente. Eppure quella riforma che maturò in più legislature per la capacità di confronto e di ascolto tra forze politiche diverse nella esaltazione del pluralismo regge l’urto delle spinte della società e del dinamismo che il diritto incorpora rispetto ai mutamenti socioeconomici. Erano tematiche che in seguito entreranno “a far parte di un progetto politico più generale che comprende la persona, la sua dignità e la sua libertà” come scrisse Fiammetta Fanizza.
Quello speech del Presidente di turno Mulè poteva essere l’occasione per tutte le forze politiche di prendere una posizione ricordando innanzitutto l’impegno delle protagoniste e dei protagonisti di quella stagione, di ogni parte politica. Così avrebbero trovato il giusto riconoscimento Maria Eletta Martini, Nilde Iotti, Adriana Poli Bortone, Maria Magnani Noya Tina Anselmi, Agostino Viviani.
Nilde Iotti e Maria Eletta Martini collaboreranno intensamente negli anni successivi come Presidente e Vicepresidente della Camera.
Come dicevo, così non è stato perché nessuno, dico nessuno su quello speech ha preso la parola per 3 minuti 3 per ricordare rivendicare un passato, per rendere omaggio a personalità che in quell’Aula hanno riversato passione e coraggio. È mancato un gioco d’Aula per cui tutti i gruppi potevano aggiungere qualcosa, un merito, un ricordo per quel momento di elaborazione legislativa. Neppure le formazioni politiche – non dico i partiti perché Sabino Cassese ce ne argomenta oggi sul Corriere sul vuoto dei partiti – che si assurgono a paladini dei diritti hanno saputo cogliere questa opportunità.
Ed è mancato soprattutto il lavoro programmatorio che solitamente avviene nella conferenza dei capigruppo laddove si prevede uno spazio agli eventi, una riserva di tempo seppure minima nella programmazione dei lavori. Purtroppo manca il senso della storia.
Purtroppo la giornata di martedì è stata la sconfitta della “politica delle donne” o dello slogan “vota donna ” verso la quale Maria Eletta Martini ha sempre avuto remore nel riconoscersi, perché le donne devono incontrarsi ma poi stare dentro i partiti e fare politica che non è scivolamento verso la ideologia, ma impegno nella costruzione di progetti.
Roma, 22 maggio 2025
