Relazione Convegno di Roma su sovranità e partecipazione della società
DALL’IO AL NOI – LA SOVRANITA’ E LA PARTECIPAZIONE DELLA POLITICA
Sabato 12 DICEMBRE 2015 Hotel Radisson Blu – Roma
videoregistrazione dell’intervento: https://www.facebook.com/maurizio.eufemi.7/posts/448646548672054
intervento di Maurizio Eufemi
Oggi siamo qui perché vogliamo tenere alto il vessillo della idea popolare portata avanti dal CDU con lo spirito di Rovereto, di Torino, di Orvieto, che è quello della riaggregazione, rifiutando indifferenza e rassegnazione.
Il titolo racchiude bene il significato dell’incontro odierno. La presa d’atto della fine di una stagione politica costruite sulle leadership che hanno azzerato partecipazione e confronto democratico che hanno portato a disaffezione ed astensionismo.
E’ crisi di leaderismo e di partiti personali che hanno dimostrato limiti vistosi.
Oggi ritroviamo tanti amici con i quali percorrere un altro cammino perché non possiamo né silenti, né spettatori passivi, ma giocare la partita con la squadra e con le idee.
Per contare è però necessario contarsi.! Abbiamo il dovere ricostruire il tessuto politico, lavorando sul territorio.
Non siamo stati fermi. Abbiamo sempre operato anche da posizioni difficili e nell’oscuramento dei media.
E in questi due anni soprattutto abbiamo cercato di ricostruire una casa distrutta da ambizioni di taluni, da interessi di altri, e da errori di altri ancora.
Cari amici dobbiamo essere franchi. Non ci devono essere ambiguità. Abbiamo un concetto alto di libertà. Lo dico dopo avere ascoltato il Sen Quagliariello. Quando nel 2005 votammo la riforma costituzionale Calderoli, noi del CDU con Iervolino, Gubert e tanti altri mettemmo in minoranza il Presidente del Gruppo – relatore di quel provvedimento che era D’Onofrio, uno del patto di Lorenzago, ed è tutto dire per significare la difesa di talune idee sulle istituzioni in quel caso difesa del ruolo, delle funzioni competenze del Senato.
Vogliamo ricostruire una casa con mura solide, di cui il CDU è una pietra d’angolo perché ancorati ai valori sturziani e degasperiani. Sono i valori della onestà, della solidarietà e della partecipazione.
Non veniamo da comode posizioni di governo. Ai tanti distratti ricordiamo solo che facevamo opposizione anche quando eravamo maggioranza, perché non ci si può adagiare. Questo per dire che ci voleva un pò più di coraggio su una riforma costituzionale- elettorale devastante e pericolosa. Non è sulla politica economica accettavamo tutto il precotto preparato da Tremonti.
Lo stesso va detto per le scelte di finanza pubblica da chi ha accettato i governi Monti Letta e Renzi è adesso si sveglia tardivamente per prenderne le distanze. La frittata è fatta e le uova sono state rotte è difficile ricomporle.
È la ricetta che è sbagliata. Si è puntato sui bonus discrezionali, sui numeri tondi che colpiscono l’immaginifico, 80, 500, 1.000, piuttosto che su vere riforme fiscali. Ci si è dimenticati completamente del Mezzogiorno. Si è inseguita la Merkel sugli automatismi piuttosto che sulle politiche di coesione e sussidiarietá.
Noi dobbiamo seguire la strada del popolarismo piuttosto che quella delle elites che si credono illuminate del sapere di imporre la strada. Non siamo il gregge. E’ stato lanciata una nuova formazione l’Idea. Preferiamo il plurale: le idee.
Il popolarismo è condivisione, è pluralismo, è partecipazione è solidarismo.
In questa nuova casa, più grande, aperta ai volenterosi, non c’è però spazio per opportunisti o per chi dopo avere preso il nostro sangue è pronto poi a tradirci saltando sul carro di vincitori e vendersi per un piatto di lenticchie. Non servono patti siglati dal notaio. Basta una stretta di mano.
Vogliamo amici generosi, disposti al sacrificio, a svolgere un ruolo di opposizione ferma, decisa senza compromessi.
Scriveva Sturzo le vittorie non sono nostre ma dell’idea, le sconfitte sono nostre non dell’idea.
Ecco non dobbiamo compiere errori.
Dopo il tempo della diaspora è venuto il tempo della riaggregazione, della ricostruzione, ma abbiamo il dovere di scegliere bene i compagni di strada. La convergenza deve avvenire sugli obiettivi e sui programmi con un profilo chiaro non contraddittorio. E’ preferibile essere pochi, ma buoni, piuttosto che annacquarsi in aree, in programmi lontani dai nostri valori. Lo facciamo con quanti in questi due anni hanno condiviso le nostre scelte sul terreno della opposizione alle riforme e alla linea di politica economica del governo. Lo facciamo con quanti sono qua.
Ormai Palazzo Chigi sembra ormai diventato un centro di produzione televisiva di immagini del premier, ieri impegnato in una conferenza stampa al mattino, poi a un convegno alla Accademia dei Lincei e alla sera alla Leopolda. Una sovraesposizione unita a sovrapposizione di ruoli.
Consigli dei ministri che decidono tanto e durano poco tempo, dimostrando l’assenza di qualsiasi approfondito confronto tra i titolari della responsabilità politica che sono i Ministri svuotati di ogni azione accentrata a Palazzo Chigi. Così come è stato con il decreto domenicale sulle banchem durato solo 23 minuti, dimostrando l’assenza di qualsiasi serio approfondimento e di confronto tra i titolari della responsabilitá politica che sono i ministri, svuotati di ogni azione, perchè accentrata a Palazzo Chigi.
De Gasperi al primo congresso DC rispetto al potere dello Stato aveva l’umiltá di dire cosa è il Governo e ” vi posso parlare della limitatezza della possibilitá che possono avere 18 nomi che deliberano leggi e decreti preparati dalle burocrazie”.
Così è stato il decreto domenicale sulle banche con il disgustoso scaricabarile.
Prima di tutto viene il risparmio.!! Prima di tutto viene la fiducia della gente che non può essere tradita da comportamenti truffaldini. A Domenico Orsini, vorrei ricordare le battaglie parlamentari del 2005 sulle obbligazioni strutturate e sul MPS. Ci dovrebbero fare un monumento a piazza del Campo per non avere recepito le nostre indicazioni.
La convergenza è innanzitutto con quanti respingono i programmi di questo governo a cominciare dalla riforme costituzionali ed elettorali e il renzismo come metodo. Siamo ormai al governo delle minoranze Dove sono finiti i partiti, si chiedeva Prodi, nei giorni scorsi e quanta debolezza dei sindacati.
Come cdu abbiamo sottoscritto i ricorsi in tribunale sul’Italicum con 14 motivazioni e parteciperemo alla campagna referendaria su una legge che con pochi consensi da il massimo del potere senza quei bilanciamenti indispensabili all’equilibrio costituzionale. Perché vogliamo difendere le istituzioni e si vogliono distruggere i rappresentanti del popolo. Si sta tornando alla politica delle caste.
Una legge che con il disposto dei collegi produce nominati e dunque svuota la partecipazione.
Perché vedete amici, solo un forte impronta culturale ci consente di vincere la battaglia delle idee.
Solo un forte ancoraggio ai grandi pilastri culturali della nostra tradizione ci consente di affrontare la sfida politica.
Non ci affidiamo a tesi semplicistiche, ai twitter, noi vogliamo guardare in faccia la gente ed è per questo che da ogni regione, da Torino a Messina dal Veneto al Gargano, siamo qui.
Vogliamo recuperare i valori del popolarismo che non sino tramontati, ma sono più attuali che mai, sono quelli che pongono attenzione verso i più deboli, verso gli altri, verso chi è in difficoltà e fa crescere non pochi ma molti e la società in tutti i suoi segmenti.
Non ci può essere sovranità senza mediazione con il corpo sociale.
Una sovranità messa in crisi sul piano teorico da teorie costituzionaliste e sul piano pratico dalla incapacità di essere nello stato moderno, unico e autonomo centro di potere e che viene messa a dura prova dalle interdipendenze fra gli Stati. I poteri sono stati corrosi da comunità sovranazionali imponendo i diritti sovranazionali. Sta venendo meno la grandezza della sintesi tra potere e diritto. V’è ormai una sovranità nazionale solo fittizia, una sovranità limitata sul problema delle frontiere, degli immigrati, da istituzioni sovranazionali, dalla BCE, dalla moneta europea, con poteri nazionali svuotati incapaci di affrontare lo stato di eccezione che revoca la legalità (esempio provvedimenti in Francia) in una fase precaria di trasformazione e di globalizzazione senza assetti definitivi. Una sovranità che è limitata dai governi globali. Non si può trasferire tutto in alto.
C’è la rottura dello spazio, dei confini, ma nello spazio globale si muovono altre forze che non possono essere bilanciate. Multinazionali con poteri senza controllo, senza popolazione e territorio, dunque senza sovranità, ma di un potere superiore.
La crisi della sovranità è crisi della democrazia politica e della rappresentanza.
Non un cultura dell’io, ma una cultura del noi. Rifiutiamo l’io dell’individualismo e della verticalità renziana, lo svuotamento di organi elettivi che portano al prevalere delle tecnostrutture, dei circoli chiusi delle consorterie, e sosteniamo il noi del partito plurale, della partecipazione, della biodiversità finanziaria, della solidarietà, una visione dei corpi intermedi, della comunità, di valori comuni e condivisi. In quel noi c’è tutta la nostra tradizione, cultura e la nostra storia e c’è il nostro avvenire.
Partecipazione è presenza nella società.
Siamo chiamati ad importanti appuntamenti elettorali in città. I risultati assumeranno un forte significato politico. Non dobbiamo annacquarci in posizioni contraddittorie con la nostra visione.
Abbiamo l’ambizione di rigenerare la politica
Riorientare la cultura politica, economica e sociale
Reinterpretare lo Stato Sociale in senso virtuoso
Riproporre strumenti di democrazia aggiornata.
Abbiamo il dovere di credere e di crederci.
Recuperare una cultura dell’ascolto, della responsabilità, della condivisione del rispetto reciproco.
Vogliamo declinare un progetto Paese che indichi come priorità
Il lavoro come valore sociale che realizza la dignità della persona umana
Affrontare il problema del debito pubblico, questione dimenticata
Ristrutturare la spesa pubblica
Realizzare un fisco semplice e amico
Definire i settori strategici su cui puntare, quelli a più alto valore aggiunto
Non si risolvono i problemi complessi del Paese senza un coinvolgimento delle forze sociali come è stato nel 1993.
Vogliamo una Europa dei popoli e dei valori non l’Europa del metodo intergovernativo e delle tecnocrazie.
Vogliamo archiviare la fase dei leader carismatici che espropriano gli organi di partecipazione desertificando i corpi intermedi e rappresentativi come province, camere di commercio.
Archiviare il partito mediatico che devitalizza le coscienze delle persone.
Il nostro appello è quello di far emergere una nuova grande area politica e culturale plurale che valorizzi i territori che riaggreghi i frammenti della diaspora che si riconosca nella economia sociale di mercato
Se sapremo fare questo con generosità avremo dato un contributo per la crescita del Paese.
Siamo nell’anno giubilare. Tutti vogliamo andare sulla Via Francigena. Ma dove La imbocchiamo per arrivare al Monte Gaudio che ci consenta di vedere il traguardo?
Roma, 12 dicembre 2015




