Sergio Mattarella, le radici nel popolarismo più autentico.
Un articolo di Chiara Geloni su Huffington Post che ha voluto dire sei cose con scarsa diplomazia su Mattarella presidente, mi offre lo spunto per alcune considerazioni. La notista scrive: ” 1) Tra prima e seconda repubblica. Li hanno intervistati tutti, i campioni della prima repubblica, ma io non sono mica tanto d’accordo con questa narrazione di Mattarella come campione della prima repubblica. Nella prima repubblica Mattarella c’era e faceva il ministro, per carità, ma è della nascita della seconda repubblica che Mattarella diventa un protagonista.”
C’è in questa affermazione il tentativo di distinguere il “dopo” con il “prima”, come se non vi fosse continuitá. Perchè questo vale per taluni e non per altri? C’è invece un “prima” che è importante, solido e che fa parte della grande storia della DC e che non può essere archiviato con disinvoltura come si tende a fare. Mattarella arriva in parlamento nel 1983. Diventa subito un protagonista della prima commissione Affari costituzionali dove trova per la Dc, Giovanni Galloni, Ciso Gitti, Gianni Fontana, Adriano Ciaffi, e per gli altri partiti, deputati come Stefano Rodotá, Zangheri, Sterpa, Fini, Pazzaglia, Labriola. Nella legislatura successiva diventa immediatamente ministro dei Governi Goria, De Mita e Andreotti fino al 27 luglio 1990, quando si dimise per le ragioni che tutti sappiamo. Poi diventa vicesegretario della Dc e ha un ruolo di rilievo al grande convegno organizzativo di Assago del 29 novembre 1991 sul tema Partito Popolare storia, presenza progetto. Il Prof. Gabriele De Rosa si sofferma nella sua relazione sul primato della politica perchè “è sempre stata una tentazione interna al movimento cattolico la separazione del politico dal sociale per sostenere una sorta di autonomia del sociale con qualunque stato e qualunque politica. Sono spinte che in alcuni casi vengono dalla degenerazione della lotta politica, ma in altri casi, e sono inquietanti, vengono da settori forti della societá che dalla separazione dal politico al sociale si ripromettono di imporre al politico e al sociale la logica di loro strategie di espansione e di rafforzamento. De Rosa si interrogava su come rispondere a queste spinte ricordando il pensiero sturziano per il quale “la politica è sintesi di teorie e di interessi, di principi e di fatti, la politica è vita nel senso più completo della parola”.
Sergio Mattarella in quella sede si interrogò se la Dc avesse esaurito la sua funzione. Si interrogò sul senso del popolarismo, riallacciandosi alla relazione di De Rosa, e il valore su come realizzare la partecipazione sia dei singoli che delle formazioni sociali. Manifestò preoccupazione sulla “maturazione della crescita complessiva della societá che rischia di essere incompatibile con la natura popolare del partito, che occorresse uscire da una falsa dicotomia che è un modo di falsamente contrapporre modernitá e solidarietá, che il moltiplicarsi degli interessi non potesse essere lasciato al libero gioco per non destinarlo alla prevaricazione degli interessi più forti” Auspicava il partito aperto di Zaccagnini, con un “pluralismo dinamico laddove la partecipazione si traduce in una capacitá di esprimere valori comuni di progettare iniziative che se realizzate sono destinate a soddisfare non questa o quella parte, ma alla radice, la persona umana, nella sua stessa consistenza di soggetto chiamato a una libertá che è innanzitutto responsabilitá”. E sulle riforme istituzionali disse che “sono decise per il sistema politico ma sono destinate a restare un guscio vivo se i partiti non riaffermano e non realizzano un forte recupero di centralitá”. Manifestò preoccupazione per la protesta, (avanzava il fenomeno della Lega n.d.r.) per l’insofferenza, per l’insoddisfazione pur legittime e comprensibili possono avere esiti pericolosi dal qualunquismo in giù. “La strada della ragione è più ardua e impegnativa che non quella della emotivitá”. Invitò a rileggere l’ecclesiaste quando afferma ” c’è un tempo per gettare i sassi e un tempo per raccoglierli” e che ” c’è un tempo per tacere è un tempo per parlare”. Concluse citando un passo di una lettera di Benigno Zaccagnini al figlio nel ’68 …” Non si può fuggire da noi stessi… ” “bisogna imparare ad avere pietá e comprensione anche di se stessi e con pazienza molta è lunga modificarci, riformarci, migliorarci e lentamente, ricadendo e ricominciando ogni giorno, sempre insoddisfatti di sè, ma anche sempre o aumenti e pietosi verso se stessi e con i nostri simili che sono tutti gli altri”.
Questo è Sergio Mattarella, nella sua storia politica è parlamentare, con una continuitá e coerenza di pensiero e di azione politica, campione della prima e della seconda Repubblica e speriamo della terza, perchè non ci può essere un “dopo” senza un “prima”, non ci può essere storia senza preistoria! Perchè, cara Geloni, non ci sarebbe il Partito Democratico senza i Ds, la Margherita, il Pds, i popolari, il Pci.
P.s. Bianco Gerardo non è un preambolista perchè non ha votato il preambolo di Donat Cattin.