Riflessioni sulla monotonia del posto fisso

Riflessioni sulla monotonia del posto fisso

Come è bello cambiare, ma il posto di lavoro non è un villaggio vacanze

Credo che le dichiarazioni del Presidente del Consiglio in materia di posto fisso siano state distorte e strumentalizzate. Ha fatto di certo una affermazione condivisibile circa i forti mutamenti della società attuale, complessa e articolata, che impone una flessibilità di sistema. Il percorso lavorativo non sarà, come i passato, per tutti nello stesso posto di lavoro, per tutta la vita. La globalizzazione impone una accentuata flessibilità di sistema. Tutto ciò produce inevitabilmente un minore legame soprattutto nel settore privato tra lavoratori dipendenti e imprese, eliminando le cristallizzazioni del passato, superate con il crescente ricorso all’outsourcing, in larga parte favorito dalle stesse imprese che spingevano, soprattutto nei distretti industriali, pezzi di fabbrica a navigare autonomamente in una logica di impresa più snella creando le condizioni per ridurre i vincoli salariali e sindacali. La stessa cosa invece non si registra nel settore pubblico, dove interi settori sono rimasti in mano pubblica, anche quelli privatizzabili.Diverso allora è il caso se la scelta diviene obbligata o forzata. Allora lo stesso posto fisso non solo è più bello, ma l’ancora di salvezza per molte categorie di lavoratori. Saremmo tutti felici nel vedere lavoratori dipendenti diventare lavoratori autonomi o piccoli imprenditori a coronamento di un sogno della vita come nel caso di camerieri, cuochi che divengono titolari di esercizi di bar o di ristoranti, oppure falegnami, idraulici, elettricisti, fabbri, montatori che diventano titolari di aziende industriali, commerciali e di servizi progressivamente più grandi. Per altri settori la mobilità è solo interna. Il dipendente di una banca può salire di grado aumentando la professionalità, le competenze e le responsabilità. Più difficile che esca da un posto fisso per avviare una iniziativa autonoma. Uscire da posto fisso nel settore tributario, dalle agenzie fiscali per esempio, può essere perfino dannoso per l’Amministrazione perché il dipendente pubblico che si avvierebbe alla libera professione di commercialista farebbe perdere professionalità e competenze che andrebbero invece mantenute e salvaguardate. Sono pochissimi casi di magistrati che lasciano la toga per svolgere la libera professione di avvocato. I notai forse rompono la monotonia facendosi tentare dall’avventura politica. Anche per categorie professionali specialistiche come i piloti di aereo, come la vicenda Alitalia ha dimostrato, è difficile cambiare compagnia.Bisogna allora sapere distinguere. Il medico specializzato segue un particolare percorso professionale;lo stesso fa un architetto o un ingegnere del settore pubblico. Non vi è dubbio che il posto fisso per tutta la vita può essere noioso, ma anche una necessità.Non vi è dubbio che è bello poter cambiare, ma il bello si scontra con il possibile e non sempre i sogni diventano realtà. A chi non piacerebbe potere cambiare lavoro. Non sempre è possibile, a volte impossibile e qualche volta bisogna mantenere ciò che si ha, soprattutto quando ci sono responsabilità familiari che non possono essere messe a rischio di desideri impossibili. E’ solo una èlite che può scegliere il posto fisso o non. E’ solo una elite che può permettersi si superare le monotonie del posto fisso. Non si possono perciò illudere le giovani generazioni che è facile spostarsi da un posto all’altra. Prima occorre creare le condizioni di una crescita più forte e soprattutto creare i posti di lavoro che favoriscano quella mobilità professionale e sociale che ad oggi è impossibile constatare. A tutti piacerebbe cambiare il posto a intervalli di vita. Il posto di lavoro per la generalità dei lavoratori purtroppo non è come un villaggio vacanze.  Roma, 2 febbraio 2012

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