C’è l’accordo bipartisan “Basta col bazar riformiamo la manovra”
28 novembre 2006 – (La Stampa) C’è l’accordo bipartisan “Basta col bazar riformiamo la manovra”
STEFANO LEPRI ROMA Numeri più leggibili e meno spazio agli emendamenti Maurizio Eufemi senatore Udc: «Si parla molto di riportare il deficit sotto il 2,8% ma il testo è compilato sulla base di criteri diversi e quella cifra non c’è» così non si può andare avanti. II governo dovrebbe presentarsi in Parlamento e dire: questa è la Finanziaria, accettatela o il governo va a casa». Queste parole non le ha confidate a un amico Romano Prodi, le ha pronunciate Silvio Berlusconi il 20 dicembre 2003. Passati tre anni e cambiato il governo, a Montecitorio e Palazzo Madama il suk degli emendamenti impazza e il Paese capisce sempre meno. La differenza è che quell’obiettivo – l’inemendabilità del disegno di legge finanziaria – non se lo pone più nemmeno il centrodestra. Entrambi gli schieramenti si dicono disposti a dialogare: è qualcosa, in tempi in cui dialogano pochissimo. Prove di dialogo ce n’erano state già tre anni fa e si sono insabbiate. Questa volta più d’uno si dice convinto che «i tempi sono maturi». Nella commissione Bilancio del Senato un terreno d’intesa pare trovato ; nei ministeri già si lavora su alcune ipotesi. «La gente non capisce che cosa votiamo, legge titoli sui Suv e sciocchezze varie – nota il viceministro dell’Economia Roberto Pinza (Dl) -: quando vado a spiegare agli elettori cosa c’è dentro la manovra, non trovo il malcontento che ci si aspetta, trovo anzi consenso». Lo scopo è riportare il deficit al 2,8% del Pil nel 2007: «ma nemmeno noi parlamentari sappiamo cosa votiamo- dice Maurizio Eufemi, senatore Udc : nel testo, redatto secondo una contabilità diversa, questa cifra non c’è». Il Parlamento si azzuffa per tre mesi su un testo macchinosamente lungo dal quale, anche con la pazienza di leggerlo, si ricava poco. Inevitabile? A prima vista la nostra legge finanziaria 2006, 60.500 parole, non è molto più lunga di quella francese, 51.500 parole. Ma la contabilità francese è assai meno oscura e il Parlamento vota solo «per missioni», ovvero sui capitoli generali. Un «bilancio per missioni», «più leggibile», è previsto nel programma dell’Unione. Non si può più continuare così, ha detto il presidente della Repubblica. II ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, ci lavorerà da gennaio. La sua idea è di procedere su due binari: riforma della contabilità e delle procedure parlamentari. Radicale la proposta che prepara il vice¬capogruppo di Forza Italia al Senato Enrico La Loggia: un mese alle commissioni Bilancio per fare osservazioni, una settimana al governo per le controproposte, «sul modello americano». Si concentra sulla contabilità il senatore Giuseppe Vegas (Fi): «Non ha più senso un bilancio così. Occorre una legge di stabilità che regoli i rapporti tra i vari centri di spesa». Serve un’intesa tra i due schieramenti o non se ne fa nulla, insiste il presidente _ della commissione Bilancio del Senato Enrico Morando (Ds). C’è consenso sull’accentrare il lavoro in commissione, con regole più strette sugli emendamenti in aula («sede semi-redigente» in gergo tecnico). «Se non si punta troppo in alto, un’intesa si può trovare – dice Morando – senza dimenticare che esistono già delle norme utili, introdotte nel 1998 da Ciampi. Sta ai presidenti delle Camere applicarle: finora nessuno l’ha fatto». Pinza invece propone un intervento limitato, a pronto effetto: «Basta accorciare i tempi della procedura parlamentare». Più difficile sarà vedere chiaro nei conti dello Stato. Il senatore Eufemi, che ha già depositato una sua proposta di riforma del bilancio, non lo nasconde: «La burocrazia teme di perdere potere con cifre più trasparenti. La Ragioneria generale, insomma».