Intervento in Aula su indetraibilità IVA

Intervento in Aula su indetraibilità IVA

EUFEMI (UDC). Signor Presidente, colleghi, il decreto-legge che viene presentato in Aula senza il mandato al relatore dimostra la debolezza di una maggioranza che non riesce neppure ad assolvere a questo compito. Nonostante queste condizioni di difficoltà, la stessa maggioranza si è arroccata nella difesa di un decreto francamente indifendibile. Il senatore D’Amico ha poi introdotto un ulteriore elemento come il comportamento del Governo italiano nell’azione di difesa; certamente questa è una posizione non condivisibile, anche perché quelle stesse argomentazioni avrebbe potuto dirle, esplicitarle direttamente in Commissione, chiedendo al Ministro dell’economia e delle finanze o al vice ministro Visco di venire a riferire su questa questione o anche al Ministro per le politiche comunitarie. Avremmo avuto tutte le notizie e le informazioni necessarie. Questo non è stato fatto, evidentemente soltanto per introdurre un elemento di polemica che non ha ragione di esistere. Questo decreto è la prevedibile, onerosa conseguenza di atti normativi nazionali in materia di IVA adottati nel tempo, in totale contrasto con i princìpi comunitari. Alla chiara pronunzia della Corte di giustizia relativa alla detraibilità dell’IVA per acquisti di autoveicoli nella sussistenza dell’inerenza della spesa e della afferenza all’esercizio dell’attività di impresa, il Governo ha risposto con un decreto confuso, vago, opaco nelle modalità applicative, teso ad evitare ogni obbligo, così come ha fatto introducendo norme nel decreto-legge n. 262 che vanificano, appunto, la sentenza europea. Non è questa la sede per individuare responsabilità risalenti nel tempo, ma che apparivano chiaramente in contrasto con inequivocabili princìpi comunitari, adottati proprio per evitare che un’imposta come l’IVA possa costituire un mezzo che alteri la parità degli operatori economici nell’Unione Europea. Il primo problema che abbiamo di fronte è quello della copertura del decreto. Nella relazione di accompagnamento viene detto esplicitamente che il provvedimento non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Come può avvenire tutto questo, come si può dare esecuzione ad una sentenza senza i relativi oneri? Siamo invece in presenza di sentenze internazionali che vanno equiparate a sentenze interne onerose e, quindi, per l’obbligo di compensazione rispetto alla contabilità nazionale. Le previsioni, dunque, non sono corrette, poi, perché le disposizioni avrebbero dovuto essere abrogate.

Conseguentemente, i soggetti di imposta IVA potranno portare in detrazione l’imposta pagata in via di rivalsa sugli acquisti delle autovetture. Questione fondamentale è la necessità di abrogare l’articolo 19-bis, comma 1, lettere c) e d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, che il Governo si è ben guardato dall’abrogare. Secondo i generali princìpi costituzionali, sembra poi corretto, trattandosi di un indebito oggettivo, che debba farsi ricorso alla prescrizione ordinaria. Questo invece non accade, perché il Sottosegretario si è arroccato nella possibilità di detrazione dal periodo di imposta 2003. Voglio aggiungere ancora che la giustizia europea non ha accolto le motivazioni italiane sul danno grave per l’erario, soprattutto perché non era una misura temporanea o congiunturale, ma di adattamento strutturale del sistema non giustificabile. C’è un’altra perla in questo decreto: viene introdotta una procedura speciale che preclude l’utilizzo delle generali procedure di detrazione e compensazione disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633, e rappresenta un altro grave limite alla detrazione riconosciuta dalla Corte di giustizia. Profili di incompatibilità comunitaria, dunque, presenta anche la modalità prevista per il rimborso perché il principio di equivalenza, il principio di conservazione degli effetti delle pronunce e il principio di effettività con modalità che ne rendano impossibile o eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto vengono di fatto preclusi. Va aggiunto che fissare il termine per il rimborso al 15 dicembre (prevedendo per l’approvazione dello specifico modello un termine di quarantacinque giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate) rappresenta un ulteriore grave limite che viola lo Statuto del contribuente. Questo decreto non è altro che nebbia che piomba sulle imprese, impedendo qualsiasi navigazione certa, e che pone problemi seri rispetto alla certezza dei bilanci delle imprese. Signor Presidente, dobbiamo dare atto, al presidente Manzella e alla Commissione Politiche dell’Unione Europea, di aver predisposto un parere che possa e debba essere tenuto in debita considerazione. Il Gruppo UDC, attraverso specifici emendamenti, ha operato in senso costruttivo, guardando prioritariamente a dare concreta esecutività alla pronuncia europea e a creare migliori condizioni per i contribuenti in termini di recupero delle somme non dovute all’erario. Per queste ragioni riteniamo si debba intervenire sul corpo del decreto-legge. Occorre necessariamente prevedere l’allungamento dei tempi di scadenza delle domande, troppo ravvicinati e inadeguati rispetto ai principi dello Statuto del contribuente tante volte richiamati e sempre disattesi e prevedere altresì le compensazioni fiscali, giacché la procedura speciale preclude l’utilizzo della generale procedura di detrazione e di compensazione, rappresentando un ulteriore grave limite. Bisogna consentire, inoltre, la presentazione delle domande nelle diverse forme e, dunque, non soltanto in via telematica, rendendo valide anche quelle presentate nei termini e consentendo eventuali integrazioni documentali senza pregiudicare la validità delle stesse. Occorre fissare poi una data certa entro la quale erogare i rimborsi, evitando che chi abbia fatto ricorso al condono – ma questo l’ha chiarito anche il Sottosegretario – o a sanatorie fiscali possa beneficiare del rimborso. A tal proposito, mi preme sottolineare che il Governo precedente non ha fatto un condono ogni anno perché si fa riferimento solo al condono del 2002. E’ necessario, infine, chiarire che l’esercizio della detrazione ammessa prima della vigenza del decreto possa determinare situazioni di illiceità. Questo provvedimento, signor Presidente, appare di corto respiro, opaco nella sostanza, confuso nelle modalità applicative. Esso costituisce una falsa soluzione che dimostra la reale volontà del Governo, anche attraverso il decreto-legge n. 262, di non dare corso alla sentenza europea; ciò è confermato dalla mancata abrogazione, in premessa, delle norme oggetto della censura comunitaria, accrescere vedo così l’indeterminatezza degli obiettivi dell’Esecutivo. Sono evidenti i rischi di tale intervento: quello, innanzitutto, di incorrere in una nuova censura da parte delle autorità comunitarie per violazione del principio di effettività delle pronunzie. Ciò rappresenterebbe una scelta grave e una lesione dei diritti dei contribuenti italiani. Sarebbero inevitabili nuovi ricorsi, nuove sentenze, nuove infrazioni, nuove pronunce e nuove condanne. Una questione di particolare delicatezza concerne la determinazione del periodo di imposta a partire dal quale può essere richiesto il rimborso dell’IVA indebitamente versato. Credo che occorrerebbe applicare il termine di decorrenza della prescrizione ordinaria e quindi fare riferimento ai pagamenti effettuati dal 1996 e non dal 2003. Credo però che tale sistema finirebbe con l’aprire una voragine nei conti dello Stato. Pertanto, non mi resta che porre questo tema all’attenzione dell’Assemblea del Senato. (Applausi dal Gruppo UDC. Congratulazioni).

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